Una scuola che insegna a ragionare: il metodo dell'esperienza
di Francesco Ventorino, Cinzia Bearzot, Marco Claudio Traini, Pier Paolo Bellini, Franca Rava, Manuela Callaioli, Anna Iuliano, Isa Vergani Fumagalli. A cura di Alessandra Casetta e Francesco Valenti.
Due linee di considerazioni emergono come indispensabili, per compiere una riflessione adeguata sulle parole “ragione e esperienza” e su ciò che esse rappresentano: da un lato la necessità di togliere a tali termini un’ambiguità di fondo e favorire il contesto che li rende vivi e possibili; dall’altra l’importanza di una loro appropriata significazione, come possibile risposta all’attuale emergenza educativa, in particolar modo nella scuola italiana. Anche la scuola vive, infatti, di un contesto che uti- lizza le parole spesso in modo equivoco, dandone un’interpretazione confusa, an- che se sottaciuta, e significandole con una filosofia tanto implicita quanto fuorviante. Nella scuola, poi, tali parole si sviluppano in modo incerto, aderendo a istanze pedagogiche, forse di moda, ma spesso non coerenti con l’impostazione che i docenti vorrebbero dare alla didattica. Così, il senso di termini come “esperienza” e “ragione”, nel nostro tempo, sembra basato, per lo più, su un triste empirismo privo di sguardo indagatore e un possesso dominatore dell’esistente, incapace di andare al di là di quel che si prova e che si vede. Molto spesso si oppone “esperienza” a “verità” e “ragione” a “legame oggettivo”: sperimentalismo e soggettivismo ne segnano il confine, circondandolo col filo spinato della riduzione positivista. E così si rincorre la lezione come esperimento permanente, che sostituisce la verifica, intesa come condivisione di un’ipotesi, formulazione di un giudizio e riflessione su ciò che c’è; oppure si reiterano nella scuola sistemi che predicano l’astrazione razionalistica di uno sguardo a un mondo separato e vuoto. D’altra parte, nella scuola può e deve svilupparsi adeguatamente, strutturandosi nelle discipline, l’idea di ragione come allargamento dello sguardo indagatore, che sempre muove da un’ipotesi e che ricerca il senso delle cose, in modo che la conoscenza sia valutazione personale, strutturata sino alle conseguenze, di un avvenimento. Queste riflessioni, presenti ne “Il rischio educativo” di Luigi Giussani, sono all’origine di un lavoro sistematico, che vede impegnati numerosi direttori e docenti, nella ricerca continua di percorsi e modalità di insegnamento che a tale ipotesi si riferiscono.
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